Allergeni: la gestione del rischio e gli obblighi di comunicazione
Le allergie alimentari interessano una limitata ma crescente percentuale della popolazione. Gli effetti dannosi e potenzialmente fatali sul consumatore rendono centrale la problematica del cross-contact.
Il Regolamento (UE) n. 1169/2011 e successive modifiche ed integrazioni ha indentificato gli alimenti e le sostanze come responsabili di allergie e intolleranze alimentari.
L’Allegato II del suddetto Regolamento specifica che sono 14 le cause delle reazioni avverse agli alimenti, tra cui cerali contenenti glutine, crostacei, uova, prodotti ittici, arachidi, soia, latte, frutta a guscio, sedano, senape, semi di sesamo, lupini, molluschi e solfiti (in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/l).
Per una corretta prevenzione di questo pericolo risulta essenziale, sia nella fase di produzione che nella fase di somministrazione e vendita dei prodotti preimballati e non, l’applicazione rigorosa delle buone norme igieniche (GHP) e delle buone norme di produzione (GMP) per mitigare il rischio di contaminazioni crociate.
Per consentire una completa ed efficace valutazione del rischio, il produttore deve indentificare gli allergeni all’interno del proprio stabilimento a tre livelli, ovvero:
- quelli sicuramente presenti perché nella ricetta di produzione;
- quelli potenzialmente presenti in quanto sulla stessa linea di produzione e/o ambiente sono stati realizzati alimenti contenenti degli allergeni differenti che potrebbero residuare sulle superfici di lavorazione;
- quelli presenti nel deposito del proprio stabilimento.
Dal punto di vista della comunicazione, vi sono delle disposizioni diverse a seconda della modalità di esposizione e di destinazione del prodotto, cioè se questo è preimballato, non preimballato o destinato al mercato B2B.
Nei prodotti preconfezionati, in particolare per la vendita non assistita, gli allergeni devono essere evidenziati chiaramente all’interno della lista degli ingredienti, impiegando ad esempio il carattere in grassetto o sottolineato per consentire un’adeguata comunicazione ai consumatori. Inoltre, come specificato dalla Commissione n.2017/C 428/01, documento che approfondisce tutte le eccezioni e i casi particolari, tale informazione, o eventuale sua ripetizione, non può essere riportata all’esterno di tale lista. Invece, qualora il prodotto non necessiti di una lista di ingredienti, perché magari mono-ingrediente o incluso nei casi di deroga previsti all’Articolo 19, come nel caso del vino, la dichiarazione relativa alla presenza degli allergeni è comunque obbligatoria e deve essere indicata preceduta dall’espressione «Contiene: [nome della sostanza presente nell’Allegato II] ».
Per quanto riguarda gli alimenti venduti sfusi, cioè senza imballaggio e destinati alla vendita assistita, il Decreto Legislativo n. 231/2017 specifica che l’informazione circa gli allergeni presenti deve essere riportata su appositi cartelli applicati ai contenitori che li contengono oppure su altro sistema equivalente, anche digitale, purchè facilmente accessibile e riconoscibile.
Mentre nel caso di alimenti somministrati nella ristorazione, tale indicazione deve essere fornita in modo appropriato prima che la stessa pietanza venga servita. È necessario pertanto che le informazioni siano riportate in modo chiaro sui menù, cartelli o altri sistemi equivalenti, anche digitali.
Per i prodotti alimentari e semilavorati non destinati al consumatore finale ma all’industria, agli operatori commerciali intermedi e agli artigiani per i loro usi professionali, l’indicazione degli allergeni può essere riportata sia fisicamente, ovvero sul packaging o sui documenti commerciali, che in modalità telematica, purché tale documentazione sia accompagnatoria al prodotto alimentare cui si riferisce o sia inviata prima o contemporaneamente alla consegna.